sabato 17 ottobre 2015

[Live Report] Glen Hansard @ Teatro Antoniano, Bologna


Ecco, cosa dire? Un gran concerto.
Una festa di lacrime, sorrisi, gioia.
C'è una curiosa affinità, il fattore Dublino, che potremmo inserire in un pacchetto di grandi concerti che hanno come collegamento la città Irlandese.
Il primo concerto visto qualche anno fa di Damien Rice, a Firenze, immaginato come sontuosa riproposizione dei toccanti brani e diventato una festa di risate, balli, racconti, vino, con tutta sorpresa.
Il concerto di Amanda Palmer, questa volta a Dublino, show di non so quante ore, tra gruppi spalla, chiacchere e un live di incredibile intimità tra cantante e presenti.
E ora, Glen Hansard, anche lui di Dublino e anche lui immaginato come un intenso e struggente concerto di canzoni, un concerto emozionale e invece.
E invece, si diceva una festa.
Molto popolata, perchè al sold out del piccolo ma caldo teatro bolognese si aggiunge una inaspettata formazione a dieci sul palco.

Non manca niente: chitarre, basso, batteria, fiati, violini, pianoforte.
Occasionalmente, poi, diventano undici o dodici, perchè il pubblico diventa parte vocale attiva, nei cori o nei ritornelli e in qualche caso protagonista, con qualche personaggio probabilmente saltato fuori da un intimo live in un negozio bolognese del pomeriggio e così abbiamo il tamburello di un attempato cinquantenne, la voce intensa del giovanissimo Leonardo, il duetto con un ragazzo, Dodo, dal pubblico.
E Hansard, splendido quarantacinquenne, nel pieno della maturità artistica, a presentare il secondo disco solista (più che buono) ad essere allo stesso tempo faro e presentatore.
Una voce di cui ringraziare non si sa chi e un pugno di belle canzoni.
Che poi, un pugno: vero che tra le varie band la carriera di Glen è bella lunga, ma immaginarsi quasi due ore e mezza di concerto era forse troppo.
Due ore e mezza che volano come fossero dieci minuti, in una atmosfera che pur essendo in teatro, riesce a diventare, agilmente, quella di uno spettacolo di strada.
Quella di una sera tra amici, quella di un grande artista che però annulla come niente la distanza tra band e pubblico.
Così, poco importante segnalare i picchi (anche se Bird of Sorrow è sempre una delle più belle canzoni degli ultimi anni) o le cose che rimaranno (come la Cover, infinita, in mezzo al pubblico, in un lento serpentone che porta fisicamente la band alla porta dell'uscita, di Leonard Cohen, dove Passing Trought diventa qualcosa degli Edward Sharpe).
Perchè c'è da dire solo una cosa: concerto maestoso, punto, a capo.


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