venerdì 20 luglio 2012

Report Live: Bon Iver - Ferrara Sotto le Stelle

Quest'anno Ferrara Sotto le Stelle è in fondo alla via dove abito.
Che vuol dire che se scendo sotto casa, svolto a sinistra, vedo a cento o duecento metri il cancello del Motovelodromo, che per l'edizione 2012 è la casa del MIO festival, quello che più di tutti ha segnato le mie estati musicali.
La causa dello spostamento da Piazza Castello è la ben nota serie di scosse, che ha reso pericolante il Castello e obbligato, un mesetto fa, quando la situazione era ben più calda, a scegliere un luogo alternativo.
Che non è per niente male, in fondo.
Così, quando è l'una del pomeriggio, faccio due passi, ma ancora non c'è nessun movimento.
Ben diverso quando sono le cinque e mezza, passo e vedo una cinquantina di persone iniziare ad arrostirsi in fila e soprattutto sento le note di Calgary piuttosto bene uscire dal soundcheck.
Torno a casa, mi cambio, prendo il Kindle in tasca, mi metto in coda.
Voglio vedere bene, Bon Iver, lo chiedo e lo voglio a Ferrara dalla scorsa edizione, è uno di quelli "da Ferrara Sotto le Stelle".
Alle sette ci fanno entrare, rivelando il prato con il palco.
Si sta meglio, sull'erba morbida, il posto si riempe gradualmente (ma arriverà a riempirsi molto, diciamo 3 o 4 mila persone) e mentre il sole inizia la sua discesa passano sul palco i Polica.
Che sono piacevoli, pur non lasciando niente indietro: una cantante in formissima, due batterie, un basso, rivelano un elettro pop vicino forse a Florence And The Machine (con qualche suono campionato) discreto ma un pò monotono.

Al pubblico piacciono e va benissimo così.
Poi alle 21.45 è il momento di Bon Iver.
E' il momento di Bon Iver dopo due dischi, cinque anni passati a For Emma, Forever Ago, alla prima volta in Italia.
E fa per un attimo strano, come se tutto fosse cresciuto mentre tu ancora ricordi Skinny Love.
Perchè Justin Vernon è oggi un uomo sorridente e sicuro, con indosso una improbabile canottierina e soprattutto si porta dietro altre otto persone sul palco.
Così, mentre tu pensi a Skinny Love, un'ondata sonora ti travolge: Perth, che apre il secondo disco, apre anche il concerto e l'audio si rivela perfetto sin da subito, tanto che Perth, questo pezzo di rottura, irregolare e spigoloso, vibra con un muro di suono impressionante.
E Bon Iver inizia a cambiare chitarra ad ogni pezzo, per finire a volte al piano.

L'inizio è tutto per il secondo disco, poi un pezzo "nuovo" Brackett (dal progetto Dark Was The Night, 2009) uno dal Blood Bank Ep, per ben nove pezzi si ignora il primo album.
E tutti i pezzi sono allungati, riarrangiati, resi più potenti che su disco, con due batterie, una importante sezione di fiati (4 persone), cori, basso, chitarra acustica ed elettrica.
A volte sono perfetti, a volte magari meno, ma che resa sonora.
E poi, pezzo numero dieci, Skinny Love, voce e chitarra (quasi), il pubblico che canta più forte di Bon Iver quasi (e mi viene da pensare, a casa mia si sentirebbe).
Da ora si alternano i due dischi e poco prima della fine della prima parte c'è spazio per una meravigliosa Calgary e si chiude con Beth/Rest su cui dico: no, il vocoder così non riesce bene (o almeno non piace a me) però quando tutti e nove sul palco allungano il finale fino a renderlo potente oltre il pensabile, beh, nulla da dire.
Il bis è poi emozionante: The Wolves di cui si parla sempre poco, con la richiesta di Vernon del supporto del pubblico per la parte finale, è un fragore in crescendo che quasi eclissa For Emma, in chiusura.

Non è stato tutto perfetto, in questo concerto.
Quel perfetto che ad esempio riecheggia negli occhi di chi ha visto i Portishead poche settimane fa.
Ma non si pensi è stato un ottimo concerto.
Potente, è l'aggettivo dominante (e chi l'avrebbe pensato prima di entrare?).
Intenso, sincero, coinvolgente e quando Bon Iver ha tirato tutto quello che ha dentro, quella capacità di emozionare, beh ha raggiunto ottime vette.
Forse, il sogno potrebbe essere di un concerto a teatro quasi acustico ma la realtà è che è un sogno personale: Bon Iver oggi è più avanti di questo, già proiettato verso l'ampliamento di suoni e probabilmente, palchi sempre più grandi.
Che il futuro sia con lui, noi ci saremo.







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