lunedì 12 marzo 2012

(Re)Introducing Joss Stone


Questa storia voglia essere un pò un esempio, un monito.
Usciamo (ma non troppo) per un momento dal mondo "alternativo" che non vuol dire niente e che intenderemo significare quel mondo musicale che se ne parli a chi non è appassionato ti risponde "si,si, quella musica che conosci solo tu".
Entriamo, per rimanerci solo in parte, nel mondo mainstream.
2005.
Esce "The Soul Session", della sedicenne Joss Stone, bionda inglese del Dorset che diventa un caso più o meno ovunque: fortunatissima la cover (la mano è di Jack White, che realizza la versione al femminile di un pezzo proprio) di Fell In Love With a Boy e fortunato un album fatto per il resto di cover riuscitissime di un soul vecchio stampo, per un disco che sembra uscito da un vinile anni sessanta e con una voce poderosa.
Non è un periodo casuale: nello stesso anno esce Frank, primo disco di Amy Winehouse, pubblicizzato si ma non ancora a livello mondiale come il successivo.
In altre parole: se oggi si muovono Adele e altri autori (sbancando) sulla scia di un ritorno a certi stili, lo si deve anche a questi esordi.
Ma torniamo a noi.
Il primo disco solista, Mind Body And Soul è un piacevole disco pop ma solo due o tre pezzi (verso la fine) regalano le emozioni sperate: così se arriva il successo commerciale e l'alta rotazione dei video, scema un pò l'attenzione del mondo "indipendente" verso Joss Stone: che vada pure la strada standardizzata del pop, viene da dire.
Due anni dopo, però: esce Introducing Joss Stone, con la nostra che compie vent'anni e si dice orgogliosa di presentare sè stessa, veramente, per la prima volta.
Come a dire, prima mi avevano solo detto cosa fare.
Il successo rimane, la qualità traballa, ad essere onesti.
E siamo pronti a tornare dalle nostre parti: perchè la Stone sta diventando donna, litiga con la casa discografica, si rallenta l'uscita dell'album successivo e quando esce nel ritornello si sente distintamente "free me, EMI, free me".
E infatti succede: la ragazza crea una propria etichetta discografica, la Emi fa quello che fanno sempre le case in questi casi (pubblica un greatst hits, per racimolare i soldi e rivendicare i diritti su quegli album) e l'estate scorsa esce LP1, in buona sostanza l'inizio della terza vita.
La prima dell'incoscienza, la seconda della lotta dall'interno e poi la liberazione.
L'ho ascoltato in queste settimane: è un album onestissimo, molto semplice, tra il soul e il pop, in rari casi pomposo e pieno di quella stessa voce sorprendente delle cover che ne avevano decretato la fama.
Soprattutto è un prodotto autentico, non indimenticabile ma sincero e intenso, questa volta di un LP1.
E quindi, bentornata tra noi a Joss Stone, augurandogli un buon futuro lontano dalle logiche di mercato, un mercato che si sta sbriciolando nelle stesse mani di chi lo crea.

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