martedì 26 luglio 2011

Winehouse: solo una volta ne parleremo


Perchè ora si sprecano tutti a parlarne e perchè già da tempo ne parlava soprattutto chi con la musica aveva poco a che fare.
Mondo bastardo, quello dei media e del gossip: porta in alto e ti abbatte sull'onda di mille parole perchè l'importante è che se ne parli.
La morte di Amy Winehouse è di quelle vissute in diretta ma non parliamo delle ultime ore ma di tutto ciò che è successo dopo Back to Black.
Il successo, i Grammy, gli spot televisivi, la droga, la relazione con Pete Doherty, le cliniche di disintossicazione, i tentativi di tornare in scena, le ricadute, gli ecessi.
L'abbiamo vista tutti crollare e molti ne hanno giovato.
A noi non interessa: era un'artista vera.
Spogliamo tutto delle vicende extramusicali e ritroviamo Frank, esordio datato 2003, anni d'oro del ritorno ad una certa estetica soul anni 50, in bella compagnia con le soul session della Joss Stone (poi miseramente crollata) che davano il via a tutta una nuova ondata di ottimi dischi di giovani voci non più lolite pop ma donne e vicine alla tradizione soul nera degli anni 50, della Mototown e affini.
E poi arriviamo al 2006, con Back To Black, disco del successo e della maturità, che rimane l'ultimo disco, splendido e pieno di canzoni perfette, cantate con una voce distante dal corpo esile e inglese della ragazza nonchè prodotto alla perfezione come fosse un disco suonato da un vecchio vinile.
Ora vivremo inediti, live, raccolte, tributi e l'ascesa all'olimpo dei musicisti dannati e talentuosi ma non ci interessa.
Quelle sono parole per chi per vivere deve scrivere e amplificare, contornando di eventi ciò che non lo è.
A noi rimangono due bei dischi e una bella storia e una persona che non ha retto a tutto quel mondo dorato che è lo spettacolo.

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