domenica 22 maggio 2011

Ascolti intimi: Bon Iver - Bon Iver, Bon Iver


Il secondo album è sempre il più difficile, ce lo diceva bene Caparezza qualche tempo fa.
Ancora più vero in casi come questi: sei in un gruppo che fa tutt'altro, ti ritrovi da solo per settimane in una casa in montagna e scrivi un disco come For Emma, Forever Ago, capace di rivelare un talento fuori confine per uno dei dischi più belli degli ultimi anni.
Solo che il disco era così semplice, coeso, suonato con quei tre strumenti tre presenti nella casetta che bisogna cambiare registro e mantenere la stessa (enorme) aspettativa di tutti coloro che si erano innamorati di quei pezzi.
Sono passati quattro giusti anni ed eccoci qui a parlare del nuovo album, stesso nome dello pseudonimo del ragazzo americano.
In prima sintesi: ci siamo quasi riusciti.
A mantenere la bellezza di quei pezzi: è cambiato il registro ma in almeno la metà dell'album c'è la stessa magia pur su toni diversi.
Era già apparso splendido il primo estratto, "Calgary"  quattro minuti di cavalcata in crescendo in grado di mettere in risalto il nuovo lavoro fatto sulla voce (ora più naturale e meno elaborata da effetti) e soprattutto l'aggiunta di una maggiore strumentazione a circondare le parole sussurrate come sempre.
Batteria, in prima linea, ma anche chitarra elettrica e poi troveremo banjo, tastiere e altro ad aumentare la paletta di suoni.
Come nella prima traccia, Perth, costruita su una riuscitissima marcetta di batteria che sembra quasi provenire da un'altra direzione e apre il disco in maniera perfetta.
Ogni pezzo porta il nome di una città, a testimoniare, se si vuole il cambiamento di prospettiva, dall'intima e solitaria casetta all'opposto di ora, al viaggiare per un intero e enorme paese come quello americano.
Come prima impressione, le prime quattro tracce sono le migliori, insieme alla già citata Calgary, mentre c'è un leggero calo nella parte centrale, ma sono in realtà primi giudizi perchè è un disco che tende a salire di ascolto in ascolto (e che era meglio uscisse in autunno, perchè profuma di pioggia e autunno) e conferma ad ogni modo che il talento non era un fuoco di paglia ma anzi si trova a suo agio anche con una produzione più importante.
Certo: l'esordio è irripetibile. Ma se questo è il famoso secondo disco più difficile, si può tranquillamente pensare ad un futuro dei più radiosi per Justin Vernon.

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