lunedì 25 aprile 2011

Tre nomi, Italia, tre.

Ci sono scene e momenti inevitabilmente, nella musica.
C'è un momento in cui Dente, Beatrice Antolini e i My Awesome Mixtape sono "nuovi" e hanno le copertine delle riviste specializzate e poi ci sono momenti in cui questi artisti sono già "vecchi saggi", con un loro pubblico ben definito e per quanto ci paia da poco, non sono più novità da scoprire se non da certe riviste (meno) specializzate che ne parlano ad un pubblico più generalista (senza creare chissà quale interesse ovviamente, perchè ci sono artisti che non faranno il grande salto, non in un'Italia congelata da vent'anno tra Vasco, Ligabue e Berlusconi).
Dunque, potendo dire oggi tre nomi per il futuro, di chi potremmo parlare?
Angolo cantautorale, che siamo ben dispiaciuti, nonostante i contatti, di non avere potuto portare qualche mese fa a suonare dalle nostre parti, diciamo Dimartino.
Un disco italiano, nel senso buono del termine, di quella tradizione attenta alle parole e agli arrangiamenti e che pure non suona vecchia, se non nei riferimenti. Un disco che si pone a metà tra lo splendido esordio di Brunori Sas e il buon-vecchio-ormai-famoso Vasco Brondi.
La differenza sta in una ottima strumentazione di fondo: non solo parole ma anche nome di pianoforte, chitarra, batteria, se ne parla bene pure dal vivo.
Il disco integrale qui

Il disco "cool" invece è roba proprio di questi giorni, arriva da Firenze e suona esattamente come un disco inglese. Eccoci qui, dunque: Art Brut, Libertines, spicchi di Vampire Weekend, brit pop nel senso migliore del termine, three-minute-song spesso perfette e nessuna pretesa se non di battere il piedino (si senta Nova) e divertirsi.
Si chiamano The Hacienda e il disco lo sentite qui

Dunque, gli italiani possono fare cantautorato, brit pop e... sperimentazioni elettroniche.
Difficile (ma piacevole) cercare di descrivere il genere dell'esordio dei Quakers And Mormons, nati da una costola (si torna lì) dei My Awesome Mixtape, con in mezzo pezzi di Uochi Toki e collaborazioni, che pure avevamo visto dal vivo in tipo otto-persone-otto a Copparo un paio di anno fa, quando sembrava tutto il gioco scherzoso del cantante del gruppo bolognese.
Invece è molto di più: si gioca a fare gli Animal Collective, o meglio a fargli idealmente remixare un hiphop molto poco italiano e sporcato di effetti e produzioni spesso azzardate ma interessanti.
Ci piace, perchè ha personalità e potrebbe benissimo non essere nato nella nostra penisola, segno di sicurezza che spesso manca a noi-italia-che-amiamo-tanto-essere-italiani.
Streaming del disco qui.

Non di capolavori ma di orizzonti promettenti si parla: non si pensi che sia meno importante, tutt'altro.
E questo negoziante preferisce un incerto ma interessante esordio alle minestre riscaldate di certi big.

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